Accertamento presuntivo sulla distribuzione degli utili extra-contabili: l’onere della prova a carico del contribuente

Con l’ordinanza n. 26473 del 10 ottobre 2024, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, si è pronunciata in materia di accertamento presuntivo sulla distribuzione ai soci di utili extra-contabili nei confronti di una s.r.l. a ristretta base azionaria, precisando che ai fini della prova contraria da parte del socio è sufficiente la dimostrazione dell’estraneità di quest’ultimo rispetto alla gestione sociale, non essendo invece richiesta la prova, anche mediante presunzioni, dell’insussistenza dei maggiori ricavi contestati, ovvero della mancata distribuzione dei medesimi.

Il caso

L’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento ad un socio di una s.r.l. adducendo a fondamento della pretesa la partecipazione da questi detenuta nella società.

Il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino che rigettava la domanda.

Pertanto, il contribuente impugnava in appello la decisione adducendo:

  • l’omessa pronuncia sul motivo di ricorso proposto in relazione alla violazione dell’ 6 della legge n. 212 del 2000, per omessa notifica ai soci dell’avviso di accertamento contro la società;
  • l’errata o falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c. in relazione alla presunzione di effettiva percezione di utili extra bilancio da parte dei soci, semplicemente in considerazione della ristretta base partecipativa della società;
  • l’errata quantificazione della base imponibile del maggior reddito di capitale accertato in capo al contribuente, in quanto la società risultava “inattiva”.

La Commissione Tributaria Regionale escludeva sia la sussistenza del litisconsorzio necessario tra società di capitali e socio sia la possibilità dei soci stessi di contestare il merito della pretesa relativa alla società, divenuta definitiva per mancata impugnazione.

Nondimeno, il Giudice d’Appello accoglieva il ricorso ritenendo convincente la difesa del contribuente nella parte in cui documentava in ordine alla sua estraneità all’esercizio dell’attività di impresa, in particolare:

  • di essersi occupato esclusivamente di musica come tecnico del suono;
  • di non avere alcuna “competenza in ordine a qualsivoglia aspetto economico e di gestione”;
  • di essersi disinteressato dell’attività della società, costituita per gestire i rapporti del gruppo musicale Subsonica con le case discografiche;
  • di ritenere non operativa la s.r.l. “a seguito del passaggio in epoca precedente della gestione della totalità degli interessi economici del gruppo ad altra società, di cui il contribuente non era socio.

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a 3 motivi.

L’ordinanza n. 26473 del 10 ottobre 2024

In particolare, con il primo motivo di ricorso, ritenuto fondato ed assorbente dalla Corte, l’Agenzia delle Entrate – dopo aver richiamato i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione ai presupposti necessari e sufficienti per l’applicazione della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra bilancio in presenza di società a ristretta base, nonché in relazione all’onere della prova gravante sul contribuente, consistente nella dimostrazione che i maggiori ricavi siano stati accantonati oppure reinvestiti o diversamente distribuiti – sosteneva che i giudici di secondo grado non ne avessero fatto corretta applicazione.

Infatti, pur avendo considerato pacifiche la ristretta base societaria e l’esistenza di redditi non dichiarati dalla società, hanno ritenuto questi ultimi non percepiti dal contribuente, e non perché il contribuente avesse fornito la prova che tali ricavi fossero stati accantonati o reinvestiti o diversamente distribuiti dalla società, ma solo in ragione di una asserita sostanziale inoperatività della società nonché, comunque, di un preteso disinteresse del contribuente all’attività della s.r.l., che sarebbe stato peraltro comprovato solo da “documentazione bancaria”, le cui risultanze non sarebbero state in alcun modo illustrate, impedendo così il controllo sul percorso logico seguito per la formazione del convincimento.

La Suprema Corte di Cassazione, nel caso di specie ha accolto il primo motivo di ricorso fornendo importanti chiarimenti interpretativi in merito all’onere probatorio richiesto in capo al contribuente.

Nel caso di specie, l’accoglimento del ricorso è stato conseguenza della ritenuta laconica affermazione del giudice di secondo grado che ha meramente ritenuto convincente il contribuente incorrendo in un vizio di motivazione per cui gli Ermellini hanno cassato la sentenza con rinvio.

Nondimeno, il Supremo Consesso, dopo avere ripercorso brevemente i filoni giurisprudenziali formatisi sul tema, ha sposato la tesi emersa più di recente.

Per vero, prendendo le mosse dal principio secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi nel caso di società di capitali che presenti una ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione (semplice) di attribuzione ai soci partecipanti alla società degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova contraria e senza che ciò integri applicazione di una doppia presunzione”; la Corte ha precisato che, benché in un primo momento la giurisprudenza avesse individuato il contenuto della prova contraria a carico dei soci nella (sola) dimostrazione che i maggiori ricavi dell’ente siano stati accantonati o reinvestiti; in un secondo momento si è riconosciuta la possibilità del socio di vincere la presunzione dando dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria – che nel caso di specie è stata manchevole.

Sulla scorta di quanto precisato e premesso l’accoglimento del ricorso per la ragioni sopra esposte in ordine alla laconica affermazione del giudice di appello, la Suprema Corte ha ribadito la tesi emersa di recente che ammette come prova contraria alla presunzione della distribuzione ai soci degli utili extra-bilancio, anche la dimostrazione dell’assoluta estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria che, una volta dimostrata, non consente più di ritenere legittima la presunzione di distribuzione.

La massima

In tema di imposte sui redditi, la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili, fondata sulla ristretta base partecipativa della società di capitali sottoposta ad accertamento, è superata dalla dimostrazione, a carico del socio, anche solo della sua estraneità assoluta alla gestione ed alla vita societaria, che non appare in contrasto con la ragione dell’operatività della presunzione, basata su una massima di comune esperienza per la quale dalla ristrettezza della base sociale deriva un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra gli stessi; ne consegue che, assolto detto onere probatorio da parte del socio, la suddetta massima di esperienza perde il suo rilievo probatorio e non consente più di ritenere legittima la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili in favore di tutti i soci”.

Scarica la sentenza