Fallimento: la contestazione dei requisiti dimensionali non necessita del deposito dei bilanci

Con l’ordinanza n. 10576 del 23 aprile 2025, la Suprema Corte di Cassazione, I Sezione civile, si è pronunciata in materia fallimentare, precisando che ai fini della contestazione della sussistenza dei requisiti dimensionali per la dichiarazione di fallimento non è inderogabilmente necessario produrre in giudizio i bilanci, potendosi utilizzare strumenti probatori alternativi, come il conto economico e le scritture contabili.

Il caso

Una S.r.l. in liquidazione impugnava la sentenza dichiarativa di fallimento assumendo il mancato superamento delle soglie soggettive previste dall’art. 1, co. 1, della legge fallimentare.

La Corte d’Appello di Milano rigettava il reclamo ritenendo che la società non avesse assolto l’nere probatorio su di essa gravante, poiché non aveva provveduto al deposito dei bilanci dal momento della messa in liquidazione (2011), ritenendo inidonei gli stati patrimoniali relativi agli esercizi dal 2012 al 2019.

La S.r.l., pertanto, proponeva ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo.

L’ordinanza n. 10576 del 23 aprile 2025

Con l’unico motivo di ricorso, la S.r.l. lamentava la decisione della Corte nella parte in cui non aveva ritenuto assolto l’onere della prova in relazione al mancato superamento delle soglie dimensionali di cui alla legge fallimentare, per il solo fatto del mancato deposito dei bilanci dell’ultimo triennio, assumendo che detto onere potesse essere assolto anche e in base a elementi di prova diversi dai bilanci depositati, i quali costituiscono fonte privilegiata ma non esclusiva dell’assolvimento del relativo onere.

Ancora, la società ricorrente sosteneva che la documentazione prodotta, tra cui figuravano le situazioni patrimoniali degli esercizi dal 2011 al 2019 e il conto economico dell’esercizio 2011, fosse idonea a dimostrare l’insussistenza dei requisiti per l’assoggettamento a fallimento, in relazione sia all’attivo patrimoniale, sia ai ricavi lordi e sin anche all’indebitamento, attesa l’assenza, sin dalla data del 2011, dei presupposti soggettivi di assoggettamento a fallimento in forza della mancanza di movimentazioni contabili successive alla messa in liquidazione.

Gli Ermellini, esaminato il ricorso, dichiaravano il medesimo fondato.

Il Supremo Consesso, richiamando precedente giurisprudenza sul punto, ha affermato che il debitore può fornire la prova della insussistenza dei presupposti soggettivi di cui alla legge fallimentare anche con strumenti probatori alternativi ai bilanci depositati degli ultimi tre esercizi, non assurgendo questi ultimi a prova legale.

Pertanto, il debitore può avvalersi delle scritture contabili dell’impresa, come di qualunque altro documento, formato da terzi o dalla parte stessa, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa.

Concludendo, la Suprema Corte ha precisato che l’omesso deposito dei bilanci in sede prefallimentare non ha rilievo, di per sé, al fine di ritenere non assolto l’onere della prova in ordine al possesso dei requisiti dimensionali.

Sulla scorta di detta motivazione, il Supremo Consesso accoglieva il ricorso e cassava con rinvio la sentenza.

La massima

L’omesso deposito dei bilanci in sede prefallimentare – omissione rilevante ai fini dell’obbligo di consegna al curatore ex art. 86 L.Fall., che insorge dopo la sentenza dichiarativa di fallimento – non ha rilievo, di per sé al fine di ritenere non assolto l’onere della prova in ordine al possesso dei requisiti dimensionali; ciò in quanto rimane del tutto estranea alla logica della norma in discorso una funzione sanzionatoria dell’imprenditore che non ha redatto e depositato presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio”.

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