Con l’ordinanza n. 14401 del 29 maggio 2025, la Suprema Corte di Cassazione, I Sezione Civile, si è pronunciata in materia liquidazione precisando che, sebbene il compenso dell’OCC sia prededucibile, lo stesso non può essere anteposto a quello del creditore ipotecario: no all’equiparazione con le spese legali.
Il caso
Nell’ambito di una procedura di liquidazione del patrimonio, l’istituto creditore ipotecario veniva ammesso al passivo della procedura in privilegio per un dato importo.
Il progetto di riparto parziale, nell’ambito di una procedura rimasta incapiente, vedeva l’assegnazione all’Istituto di tutto l’attivo disponibile, dedotto l’importo spettante all’OCC.
Il giudice delegato, decidendo sulle contestazioni mosse dal creditore ipotecario disponeva la modifica del progetto di riparto di modo che il compenso dell’OCC non gravasse sul creditore.
Il Tribunale di Brescia, adito dall’OCC, accoglieva il reclamo e riconosceva il privilegio ex art. 2755 e 2770, c.c. al medesimo.
In particolare, il Tribunale riteneva l’attività dell’OCC che avesse coadiuvato il debitore è equiparabile a quella del legale del creditore che abbia compiuto attività professionale funzionale all’apertura della procedura concorsuale di fallimento. Pertanto, detto credito deve essere soddisfatto con privilegio sul ricavato della vendita del bene con preferenza rispetto al creditore ipotecario.
Avverso la decisione proponeva ricorso per Cassazione il creditore ipotecario, sulla scorta di due motivi
L’ordinanza n. 14401 del 29 maggio 2025
In particolare, con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente censurava la decisione del Tribunale nella parte in cui statuiva circa l’equiparazione tra l’attività dell’OCC e quella del legale del creditore.
La Corte, dopo attenta disamina, dichiarava il secondo motivo di ricorso fondato.
In particolare, gli Ermellini hanno escluso che le spese relative al compenso dell’OCC, per quanto prededucibili, rientrino tra le cd. uscite di carattere generale della procedura sostenute nell’interesse di tutti i creditori che, in base all’art. 14-duodecies, comma 2, L. n. 3/2012, possono gravare proporzionalmente sul ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di ipoteca e pegno.
Invero, il procedimento di liquidazione del patrimonio del debitore è una procedura volontaria, che si apre a domanda del debitore, cosicché la nomina di un gestore della crisi avviene su sua iniziativa e nel suo interesse e non in quello di tutti i creditori, che non hanno alcuno specifico tornaconto all’avvio della procedura di liquidazione del patrimonio piuttosto che a procedere individualmente, in via esecutiva, nei confronti del proprio debitore.
Sulla scorta di dette motivazioni, il Supremo Consesso ha accolto il ricorso, cassando la decisione con rinvio al Tribunale in diversa composizione.
La massima
“Il procedimento di liquidazione del patrimonio del debitore è una procedura volontaria, che si apre a domanda del debitore, cosicché la nomina di un gestore della crisi avviene su sua iniziativa e nel suo interesse e non in quello di tutti i creditori, che non hanno alcuno specifico tornaconto all’avvio della procedura di liquidazione del patrimonio piuttosto che a procedere individualmente, in via esecutiva, nei confronti del proprio debitore”.