Mutuo di scopo: profili causali e destinazione del finanziamento

Con l’ordinanza n. 15695 del 5 giugno 2024, la Suprema Corte di Cassazione, I Sezione Civile, si è pronunciata in materia di mutuo di scopo, con particolare focus ai profili causali del medesimo in ragione della destinazione del finanziamento.

Il caso

Il Tribunale di Lecce accoglieva parzialmente un’opposizione ex art. 98, l. fall., proposto da una società che domandava l’ammissione allo stato passivo nell’ambito di un fallimento, con collocazione ipotecaria del credito cedutole da un Istituto di Credito, in forza di un contratto di mutuo stipulato nel 2007 con la società poi fallita.

Il giudice di prime cure, dopo avere qualificato il contratto quale mutuo di scopo, lo dichiarava nullo per deviazione dalla causa concreta, rilevando che le somme erogate, richieste ai fini dell’acquisto di una data azienda, erano in realtà state utilizzate per ripianare lo scoperto di c/c acceso dalla società poi fallita presso la Banca mutuante.

Per conseguenza, il Tribunale ammetteva al passivo al chirografo nonché a titolo di ripetizione dell’indebito, il minor credito dell’opponente corrispondente al residuo capitale mutuato e non restituito, maggiorato degli interessi legali dalla domanda al saldo.

L’opponente proponeva ricorso per Cassazione articolando un unico motivo di ricorso.

Il Fallimento resisteva con controricorso.

L’Ordinanza n. 15695 del 05 giugno 2024

In particolare, il ricorrente eccepiva la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1418 e 1813, c.c. in quanto – premesso che l’art. 1 del contratto di mutuo prevedeva che il finanziamento dovesse essere utilizzato dalla parte mutuataria integralmente ed esclusivamente per la realizzazione del prospettato programma di investimenti concernente l’acquisto del ramo d’azienda di una data società – detta pattuizione non sarebbe sufficiente al qualificare il contratto quale mutuo di scopo, essendo necessari, a tal proposito, che la clausola di destinazione ad una specifica modalità di utilizzazione delle somme erogate coinvolga, oltre all’interesse del finanziato, anche quello – diretto o indiretto – del finanziatore.

La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso fondato.

In particolare, ripercorrendo precedenti orientamenti giurisprudenziali, ha affermato che l mutuo di scopo, è preordinato alla realizzazione di una finalità convenzionale necessaria, tale da contrassegnarne la funzione, consistente nel procurare al mutuatario i mezzi economici destinati a un’utilizzazione vincolata; pertanto, la nullità di un tale contratto per mancanza di causa sussiste se (e solo se) quella destinazione non sia rispettata.

Altresì, gli Ermellini hanno precisato che il mutuo di scopo convenzionale, che costituisce una deviazione dal tipo contrattuale di cui all’art. 1813 c.c., si configura solo quando il mutuatario abbia assunto espressamente un obbligo nei confronti del mutuante, in ragione dell’interesse di quest’ultimo – diretto o indiretto – ad una specifica modalità di utilizzazione delle somme per un determinato scopo poiché è in tal caso che la clausola di destinazione della somma mutuata incide sulla causa del contratto, con la conseguenza che la sua inosservanza dà luogo alla nullità dello stesso.

In altri termini, prosegue il Supremo Consesso, il mutuo può essere qualificato di scopo solo se la clausola di destinazione coinvolga l’interesse diretto o indiretto dell’istituto finanziatore, mentre l’indicazione dei motivi per i quali il finanziamento viene erogato, non accompagnato da uno specifico programma contrattuale teso alla loro realizzazione, non basta ai fini di tale qualificazione.

Il Giudice di prime cure non aveva seguito detti principi.

Per questi motivi la Corte accoglieva il ricorso e rinviava al Tribunale di Lecce, in diversa composizione, per decidere anche in merito alle spese.

La massima

Il mutuo può essere considerato di scopo solo quando la clausola relativa alla destinazione coinvolge direttamente o indirettamente l’interesse del finanziatore, mentre la mera indicazione delle ragioni per cui il prestito è concesso, senza un piano contrattuale dettagliato mirato alla loro attuazione, non è sufficiente per tale classificazione”.

Scarica la sentenza