Segnalata alla Centrale Rischi per un credito inesigibile: la Banca risarcisce la società

Con l’ordinanza n. 12383 del 9 maggio 2025, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione III, si è pronunciata in materia di risarcimento del danno a carico della Banca per la segnalazione alla Centrale Rischi di una società, sulla scorta di un credito inesigibile.

Il caso

Un istituto di credito chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo in danno di una società, poi incorporata in altra s.r.l. e segnalava la medesima alla Centrale Rischi.

Proposta opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, i giudici di merito accertavano che il credito vantato dalla banca fosse inesigibile, pertanto, il decreto veniva revocato.

Nondimeno, la banca non solo non provvedeva alla cancellazione della segnalazione se non dopo in lasso di tempo particolarmente considerevole, ma altresì non provvedeva a cancellare l’iscrizione ipotecaria nel frattempo iscritto sulla scorta del decreto ingiuntivo revocato.

L’illegittimità della condotta della banca veniva dichiarata con sentenza passata in giudicato a seguito di ricorso in Cassazione.

Successivamente, con diversa causa, veniva accertato che quello stesso credito non solo era inesigibile, bensì inesistente.

A contrario, invero, era la società a risultare creditrice verso la banca.

In conseguenza di ciò, la società medesima agiva in giudizio per il risarcimento del danno.

Il tribunale di prime cure, ritenuto che la società avesse chiesto il risarcimento del danno per la richiesta di un pagamento inesigibile e non anche per il credito inesistente, riteneva comunque non provato il preteso danno preso in considerazione.

La Corte d’Appello di Potenza, adita dalla società, confermava la decisione di primo grado salvo il riconoscimento del danno patrimoniale per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi.

Avverso tale pronuncia, proponeva ricorso per Cassazione la società, affidato a ben 6 motivi.

L’ordinanza n. 12383 del 9 maggio 2025

In particolare, la società ricorrente censurava la pronuncia della Corte di merito sostenendo di avere richiesto il risarcimento non solo per la condotta della banca relativa alla richiesta di soddisfacimento di un credito inesigibile, bensì anche in ordine alla condotta per cui la medesima aveva fatto valere un credito inesistente.

Altresì, la medesima società lamentava il danno subito in conseguenza dell’illegittima segnalazione alla Centrale Rischi operata dalla banca, che il Tribunale aveva limitato al mero danno non patrimoniale, mentre la Corte lo aveva liquidato in via equitativa sulla scorta della ritenuta insufficiente prova del quantum.

La Suprema Corte, analizzati i motivi di ricorso di cui sopra, dichiarava il medesimo fondato.

In ordine al primo aspetto, gli Ermellini hanno precisato che al di là del tenore della domanda, il giudice debba intendere questa anche in rapporto alla natura delle vicende rappresentate nonché delle precisazioni fornite durante il giudizio, col solo limite della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

La pretesa di un credito inesigibile, altresì certificato come inesistente, rientravano nella medesima condotta realizzata dalla banca, pertanto, non era la condotta della banca a doversi considerare duplice, giacché duplice era la natura del credito che la banca pretendeva di far valere.

Per ciò che concerne, invece, il risarcimento del danno conseguente alla segnalazione illegittima alla Centrale Rischi, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che i giudici possano liquidare in medesimo in via equitativa quando la difficoltà si presenti come oggettiva e non in ragione della complessità delle prove addotte per la determinazione dell’ammontare.

Sulla scorta di dette motivazioni, il Supremo Consesso accoglieva i motivi di ricorso dal n. 2 al n. 5, dichiarava assorbito il motivo n. 1 ed inammissibile il motivo n. 6, formulando le massime di cui sotto sulla scorta di precedente giurisprudenza richiamata.

Le massime

al di là del tenore letterale della domanda, il giudice deve intenderla tenendo conto non solo del tenore letterale delle espressioni usate ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta”.

qualora sia provata, o non contestata, l’esistenza del danno, il giudice può far ricorso alla valutazione equitativa non solo quando è impossibile stimarne con precisione l’entità, ma anche quando, in relazione alla peculiarità del caso concreto, la precisa determinazione di esso sia difficoltosa”.

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