Sezioni Unite: l’elemento soggettivo della revocatoria ordinaria

Con ordinanza n. 1898 del 27 gennaio 2025, la Suprema Corte di Cassazione, nella massima composizione, si è pronunciata in materia di revocatoria ordinaria ex art. 2901, c.c., con particolare focus sull’elemento soggettivo, formulando un importante principio di diritto che sposa la tesi giurisprudenziale maggioritaria

Il caso

Sulla scorta di un assegno bancario dell’importo di €. 100.000,00, il creditore agiva in giudizio avverso il soggetto debitore nonché una data società al fine di far dichiarare inefficaci, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2901, c.c., un atto di compravendita ed un successivo atto integrativo con cui il debitore aveva alienato alla società n. 5 immobili costituenti la totalità del suo patrimonio immobiliare.

Si costituiva la società sostenendo che la compravendita fosse anteriore al sorgere del credito, negando altresì la dolosa preordinazione dell’atto a pregiudicare i diritti del creditore, nonché la propria consapevolezza di tale intenzione.

Il giudizio veniva inizialmente interrotto per intervenuto fallimento della società, pertanto, veniva riassunto nei confronti del curatore che si costituiva in giudizio.

Il Tribunale di Roma rigettava la domanda con sentenza.

La Corte d’Appello di Roma, invece, accoglieva il ricorso del creditore e dichiarava gli atti inefficaci.

In particolare, la Corte territoriale aveva rilevato quanto segue:

  • l’atto impugnato non era anteriore al sorgere del credito;
  • ai fini della sussistenza dell’eventus damni, è sufficiente che l’atto impugnato comporti una variazione quantitativa o qualitativa del patrimonio del debitore, tale da rendere più incerto o difficile il soddisfacimento del credito (il debitore contumace non aveva provato l’esistenza di un patrimonio residuo idoneo);
  • quando l’atto dispositivo è anteriore al sorgere del credito, per la sussistenza dell’animus nocendi non occorre il dolo specifico, ossia la consapevole volontà di arrecare pregiudizio ai creditori, ma è sufficiente il dolo generico, cioè la previsione di tale pregiudizio, mentre la participatio fraudis del terzo può essere accertata anche mediante il ricorso a presunzioni.

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per Cassazione il curatore fallimentare, sulla scorta di ben quattro motivi

L’ordinanza n. 1898 del 27 gennaio 2025

Con il primo motivo di ricorso, il curatore denunciava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2901, primo comma, nn. 1 e 2 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, pur avendo ritenuto che l’atto di compravendita fosse anteriore al sorgere del credito, considerava sufficiente, per la sussistenza dell’elemento soggettivo della revocatoria, la mera consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori, anziché la dolosa preordinazione dell’atto a tale scopo.

Nella disamina del primo motivo di ricorso, ritenuto assorbente, il Supremo Consesso ha dato atto di due orientamenti giurisprudenziali contrastanti in ordine all’elemento soggettivo della revocatoria ordinaria.

Il primo, maggioritario, secondo il quale, nel caso in cui l’azione revocatoria abbia ad oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l’elemento soggettivo è sufficiente la semplice conoscenza da parte del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori, mentre, nel caso in cui essa abbia ad oggetto atti anteriori al sorgere del credito è richiesta, quale condizione per l’esercizio dell’azione, la dolosa preordinazione dell’atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito, nonché, ove si tratti di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma.

Il secondo orientamento, minoritario, sostiene invece che, anche nel caso in cui l’atto impugnato sia anteriore al sorgere del credito, non è necessaria la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore, ma è sufficiente la semplice coscienza, da parte del primo, del pregiudizio arrecato al secondo.

La Suprema Corte, prendendo le mosse dalla lettura del testo di cui all’art 2901, c.c., ha sposato la tesi maggioritaria distanziandosi dall’orientamento minoritario il quale – ad avviso della Corte – importa una dilazione dei margini di operatività dell’azione revocatoria che si pone in contrasto con la natura eccezionale che l’istituto di cui all’art. 2901, c.c. assume nell’ipotesi in cui abbia ad oggetto atti dispositivi antecedenti al sorgere del credito.

Sulla scorta di tali motivazioni, gli Ermellini hanno accolto il primo motivo di ricorso, formulando il seguente principio di diritto.

La massima

In tema di azione revocatoria, quando l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare la “dolosa preordinazione” richiesta dallo art. 2901, comma 1, c.c. non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori (c.d. dolo generico), ma è necessario che l’atto sia stato posto in essere dal debitore in funzione del sorgere dell’obbligazione, al fine d’impedire o rendere più difficile l’azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, attraverso una modificazione della consistenza o della composizione del proprio patrimonio (c.d. dolo specifico), e che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse a conoscenza dell’intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro”.

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