AGCOM: Oltre 15 milioni di euro, le sanzioni per i colossi energetici che hanno praticato rincari speculativi sulle bollette

Con sei diversi provvedimenti, emanati all’esito delle adunanze del 31 ottobre 2023, L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM) «ha irrogato sanzioni per oltre 15 milioni di euro nei confronti di Enel Energia, Eni Plenitude, Acea Energia, Iberdrola Clienti Italia, Dolomiti Energia ed Edison Energia». Le sei società – operative nei settori della fornitura di energia elettrica (EE) e gas naturale sul mercato libero – sono state sanzionate per una serie di «pratiche commerciali aggressive», vietate ai sensi e per gli effetti degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo. In estrema sintesi, ciascuna di esse ha indotto i propri clienti/consumatori «ad accettare modifiche in aumento dei prezzi dell’energia elettrica e del gas, in contrasto con la protezione normativa derivante dall’articolo 3 del Decreto Aiuti bis».

È appena il caso di ricordare che tale disposizione – stante le ben note «gravi criticità nel settore energetico» – prevedeva una generale sospensione dell’efficacia delle clausole contrattuali che permettevano alle imprese di praticare «aumenti unilaterali dei prezzi per la fornitura di energia elettrica e gas dal 10 agosto 2022 al 30 giugno 2023». Le sei aziende fornitrici, colpevolmente ignorando questo dato normativo, hanno invece scelto di contattare la propria utenza con «lettere con le quali inducevano ad accettare modifiche dei prezzi nel periodo citato, con conseguenti significativi incrementi delle bollette per i loro clienti». Le sanzioni più alte sono state irrogate a Eni ed Enel, entrambe responsabili di aver «modificato unilateralmente i prezzi di fornitura a oltre 4 milioni di consumatori». In particolare, la sanzione amministrativa pecuniaria applicata a Enel Energia, «pari a 10 milioni» (il doppio della cifra che dovrà sborsare Eni Plenitude), rappresenta il massimo della pena ed «è la prima volta» che una sanzione del genere viene concretamente irrogata «da quando è stato modificato il Codice del Consumo». Alle altre compagnie sono state invece comminate sanzioni di entità minore, ragione per la quale vale la pena di soffermarsi solo sui due provvedimenti maggiormente afflittivi.

Il provvedimento n. 30869 (PS12460)

Nel primo dei due provvedimenti – tutti disponibili per la pubblica consultazione nel Bollettino n. 44 del 20 novembre 2023 dell’AGCOM – gli elementi che qui più interessano sono rinvenibili a partire da pag. 105 (punti 70 e ss.), laddove viene evidenziato in particolar modo che il divieto previsto dal già citato art. 3 del D.L. n. 115/2022 (c.d. Decreto Aiuti bis), «come chiarito dalla precisazione apportata dal Decreto Milleproroghe, consentiva espressamente, nel suindicato periodo, al fornitore di poter apportare modifiche tariffarie “alla scadenza dell’offerta economica”». Ciò è in perfetta coerenza, tra l’altro, con quanto «rilevato dal Consiglio di Stato nell’illustrata ordinanza cautelare del 22 dicembre 2022, secondo cui tale disposizione ha rilevanza nei contratti a tempo determinato o nei contratti che prevedano una scadenza predeterminata delle condizioni economiche (CE), “essendo in questione in tal caso non l’esercizio dello ius variandi ma un rinnovo contrattuale liberamente pattuito dalle parti”».

La questione giuridica dunque sta tutta nel corretto discrimine tra eventuale rinnovo del contratto – pratica nella quale si può far rientrare anche un aggiornamento delle condizioni economiche contrattuali, purché aventi una scadenza certa e predeterminata – ed esercizio unilaterale dello ius variandi da parte del professionista che ha predisposto le condizioni contrattuali, alle quali il consumatore può soltanto aderire o meno. In tal senso, le risultanze istruttorie hanno accertato che «Eni ha inviato, con preavviso di 90 giorni, dal 1° maggio al 31 dicembre 2022, il totale di [2.000.000-2.500.000] comunicazioni di modifica dei prezzi fissi di cui ai contratti di fornitura nel mercato libero». Particolare rilievo assume il fatto che la compagnia «abbia continuato a inviare le comunicazioni di modifica tariffaria ai clienti le cui tariffe erano in regime di proroga anche nel corso del primo semestre 2023 per l’intero periodo di vigenza dell’articolo 3, ossia fino al 30 giugno 2023, e non abbia sospeso nel 2023 l’applicazione delle nuove tariffe». Più in dettaglio, «Eni ha inviato [500.000-1.000.000] lettere del suddetto totale in concomitanza della scadenza dell’offerta economica e ha trasmesso la restante parte, pari a [1.000.000-1.500.000] comunicazioni, ai clienti le cui tariffe erano in regime di proroga tacita». Tale regime deriva da una clausola contrattuale, «inserita nei contratti di adesione predisposti da Eni», che comporta ciò che l’azienda definisce «regime di ultrattività delle tariffe», applicabile in tutti i casi in cui vi sia «mancata comunicazione di variazione dopo la scadenza dell’offerta economica». In altri termini, per la maggior parte delle comunicazioni in esame «l’offerta economica era già scaduta da tempo» e tacitamente prorogata. Su questo specifico punto, «si rileva che, secondo gli atti istruttori, nessuno dei destinatari delle suddette [1.000.000-1.500.000] lettere ha mai ricevuto, da parte del fornitore, una comunicazione intermedia avente ad oggetto l’informativa in merito alla proroga». Siffatto meccanismo di proroga tacita, oltre a rimettere «all’esclusiva e libera scelta del fornitore» la decisione in merito al se e al quando si possano «modificare le tariffe», affida al mero arbitrio della compagnia anche la definizione del «nuovo periodo di validità» delle condizioni economiche praticate, «rimanendo, come unica prescrizione, l’onere di preavvisare il consumatore con 90 giorni di anticipo».

Per tutti questi motivi, «le modifiche comunicate con le lettere in rilievo, pari a [1.000.000-1.500.000], costituiscono esercizio dello ius variandi da parte del fornitore» e tale tipo di intervento risulta pertanto «sospeso normativamente, come misura straordinaria, dal citato articolo 3 D.L. n. 115/2022». Si evidenzia, nello specifico, che tali comunicazioni – come è emerso anche nel parere rilasciato dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA)«non possono essere qualificate come rinnovi contrattuali, né come “aggiornamenti di condizioni economiche alla scadenza delle stesse”», poiché «soltanto a fronte di una scadenza espressa, conosciuta e quindi concordata tra le Parti delle tariffe prorogate», il Consiglio di Stato, nella predetta ordinanza cautelare (cfr. punto 57), riconosce il ricorrere di una delle ipotesi di rinnovo «dei rapporti in scadenza», ammissibile «al pari delle modifiche tariffarie effettuate alla data di scadenza dell’offerta economica». In definitiva, «nei casi di tariffe in regime di proroga, non esiste una scadenza delle stesse, ed è per tale ragione che nelle lettere inviate da Eni, già descritte, non è riportata alcuna data di scadenza», ma la mera e generica affermazione secondo cui «il contratto è “in scadenza”». L’assoluta arbitrarietà della decisione di incrementare le tariffe nel periodo vietato dalla legge è, pertanto, del tutto evidente, «a meno che si voglia sostenere che la scadenza è fissata da Eni nel momento in cui la stessa Società decide, peraltro senza giustificazione, di modificare unilateralmente la tariffa prorogata».

Da ultimo, va evidenziato il fatto che la compagnia «ha iniziato a inviare le lettere in rilievo dal maggio 2022, con effetti dall’agosto 2022, essendo state inviate con preavviso di 90 giorni, e ha continuato a inviare le medesime lettere nel corso del 2023, con l’effetto di proseguire a modificare unilateralmente, anche nel primo semestre 2023, le tariffe in regime di proroga, fino alla fine della vigenza del divieto normativo dell’articolo 3 del D.L. n. 115/2022, quindi fino al 30 giugno 2023». Alla luce di quanto si è sin qui precisato appare chiaro altresì che «la descritta condotta di Eni, adottata dal 10 agosto 2022 al 30 giugno 2023, costituisce una pratica commerciale aggressiva, in violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del consumo, posto che nel periodo suindicato Eni ha inviato comunicazioni di modifiche unilaterali dei prezzi fissi di fornitura dell’EE e del gas ai clienti, le cui tariffe erano in regime di proroga senza termine secondo il meccanismo della clausola contrattuale illustrata. Modifiche tariffarie, dunque, inibite dal citato articolo 3 del D.L. n. 115/2022 per detto periodo». L’azienda fornitrice, per raggiungere il suo scopo, ha fatto sì che gli utenti fossero «indebitamente condizionati ad accettare le nuove condizioni di prezzo, espressione di modifiche unilaterali, benché presentate come rinnovi di contratti o aggiornamenti, e del resto definite genericamente, e in modo non appropriato, “in scadenza” da Eni nelle comunicazioni in rilievo». In altre parole, le nuove tariffe, «significativamente più svantaggiose delle precedenti» sono state imposte ai consumatori in maniera surrettizia, dato che questi «non erano in grado di comprendere la portata della proposta di Eni, se fondata su una modifica unilaterale o su una effettiva scadenza delle CE, subendo così la decisione unilaterale del fornitore, senza poter beneficiare della protezione normativa dell’inibizione di modifiche unilaterali dal 10 agosto 2022 al 30 giugno 2023», in applicazione del più volte citato art. 3 del Decreto Aiuti bis.

Il provvedimento n. 30870 (PS12461)

Nel provvedimento che sanziona Enel Energia, vengono riprese in larga misura le medesime considerazioni sopra esposte, con le specificità che nel Bollettino AGCOM già citato emergono a partire da pag. 121 (punti 46 e ss.). In particolare, è stato accertato che la compagnia «ha proposto a un ampio numero di utenti – circa [2-3] milioni – le variazioni di prezzo delle condizioni economiche in prossimità di una scadenza, ignota ai consumatori, in quanto tacitamente prorogata negli anni, a seguito del decorso dell’originario periodo di validità dell’offerta economica». Le variazioni delle condizioni economiche, naturalmente, erano al rialzo, sia per le forniture di gas che per quelle di energia elettrica e «risultavano evitabili dai consumatori solo esercitando il recesso dal rapporto di somministrazione». Ulteriore elemento a sostegno dell’irregolarità della procedura è dato dal fatto che, nelle comunicazioni inviate all’utenza, «le modifiche del prezzo di fornitura, indicavano unicamente la data di decorrenza delle stesse». In altri termini, «la maggior parte delle predette comunicazioni non riportavano alcuna causale, né un riferimento alla scadenza, né tantomeno l’indicazione di una data effettiva di scadenza delle offerte, relative a contratti sottoscritti anche molti anni prima e per i quali le variazioni avevano riguardato quasi esclusivamente il prezzo e non anche il ricalcolo di una nuova scadenza».

Come è evidente, mutatis mutandis, ricorrono le medesime irregolarità già analizzate in dettaglio nel provvedimento col quale è stata sanzionata Eni Plenitude. E, anche stavolta, soprattutto su proroghe e scadenze vi è stata pochissima chiarezza. Sul punto, nel proprio parere, l’ARERA ha sottolineato in special modo come «nelle risposte ai reclami, la valutazione della fondatezza degli stessi debba essere corredata da pertinenti riferimenti normativi o contrattuali, in quanto la carenza di informazioni specifiche relative ai termini di scadenza e rinnovo delle condizioni economiche diminuisce la capacità del cliente di valutare la fondatezza stessa e di conseguenza di tutelare i propri diritti». La compagnia, pertanto, non avrebbe dovuto «lasciare ai consumatori l’onere di risalire alla scadenza della propria offerta economica, mediante la ricostruzione del rapporto di somministrazione alla luce delle varie proroghe succedutesi nel tempo», ma avrebbe dovuto invece «assicurare agli stessi una piena informativa in relazione alle circostanze che giustificavano gli aumenti di prezzo delle forniture, non limitandosi ad indicare la data di decorrenza degli stessi».

Per le stesse ragioni già esposte sopra, quindi, anche in questo caso, «il “congelamento” dello ius variandi» doveva essere applicato poiché si trattava, in estrema sintesi, «di offerte non “in scadenza” bensì “scadute”. La sospensione a tutela dei consumatori infatti si applica anche «quando una scadenza certa non esiste più, perché il Professionista ha proceduto al rinnovo di un’offerta scaduta senza prevedere una nuova data di scadenza». Ricorrono pertanto, anche qui, le condizioni per applicare la sanzione prevista per «pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 24 e 25 del Codice del consumo», con specifico riferimento al «profilo dell’aggressività», dato che la condotta della compagnia «risulta idonea a condizionare indebitamente i consumatori nell’esercizio di un loro diritto, inducendoli a subire ingiustificatamente l’applicazione di forti maggiorazioni del prezzo dell’energia elettrica e gas, significativamente più gravose di quelle precedentemente vigenti», con la sola salvezza della «possibilità per gli stessi di recedere dal rapporto contrattuale» e con palese violazione, quindi, del dispositivo di sospensione straordinaria previsto dal più volte richiamato art. 3 del Decreto aiuti bis.