La sentenza n. 3579 del 14 novembre 2023 (pubblicata il 10 gennaio 2024) emessa dalla Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, chiarisce che la disciplina in materia di innovazione di cui all’art. 1120, c.c. non si applica quando l’intervento non modifica la destinazione del bene, in ragione di quanto disposto ai sensi dell’art. 1102, c.c., in tema di modificazioni.
Indice
Nel 2009, gli acquirenti di un appartamento sito al quinto piano di un condominio convenivano in giudizio i venditori dello stesso, esponendo di avere acquistato il suddetto appartamento comprendente due terrazze realizzate senza l’autorizzazione assembleare.
Rispetto a tali interventi, i venditori si erano impegnato a far fronte a qualsivoglia richiesta del Condominio manlevando gli acquirenti da ogni responsabilità in ordine alle eventuali pretese avanzate dai condomini.
Premesso che i venditori non avevano provveduto alla regolarizzazione delle opere, né eseguito gli interventi di manutenzione cui si erano obbligati nel corso dello svolgimento dell’assemblea condominiale del 21 aprile 2009, gli attori hanno richiesto di accertare la sussistenza dell’obbligo in capo ai convenuti in ordine al rifacimento del tetto, oltre al risarcimento del danno conseguente al deprezzamento dell’immobile nonché per le infiltrazioni, per le quali chiedevano di estendere la condanna anche al Condominio.
Il Tribunale di prime cure, espletata la CTU, condannava i convenuti a ripristinare il tetto ed a risarcire il danno patito dagli attori per via delle infiltrazioni. In secondo grado, la Corte d’Appello di Milano riformava parzialmente la sentenza, estendendo la condanna al ripristino del tetto anche agli acquirenti.
La controversia è giunta dunque alla Suprema Corte di Cassazione.
La sentenza n. 3579 del 14 novembre 2023 pubblicata il 10 gennaio 2024
Nell’ambito del giudizio dinanzi agli Ermellini i venditori contestavano, con il primo motivo di ricorso, la violazione degli artt. 1102 e 1122, c.c., in aggiunta all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, avendo la Corte di merito ritenuto che la sostituzione di parte del tetto dell’edificio con due terrazzi costituisse innovazione illecita conseguente alla mancanza della preventiva approvazione assembleare.
I ricorrenti sostenevano che detta modifica della parte comune non rientrasse nella previsione di cui all’art. 1120, c.c., bensì nella fattispecie di cui all’art. 1102, c.c., in considerazione del fatto che fosse stata demolita solo una parte limitata del tetto e che la creazione delle terrazze non aveva alterato l’originaria funzione di copertura. Altresì, all’impossibilità per gli altri condomini di utilizzare il tetto in maniera “particolare”, conseguiva la piena legittimità degli interventi realizzati.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso, precisando che le innovazioni di cui all’art. 1120, c.c., si distinguono dalle modificazioni di cui all’art. 1102, c.c. sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102, c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per quanto concerne l’aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell’assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, ma con quello del singolo condomino, essendo volte al suo solo perseguimento.
Costituisce dunque innovazione non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solo quella che alteri l’entità materiale del bene, operandone la trasformazione, o ne modifichi la destinazione, ove il bene assuma, a seguito delle opere realizzate, una diversa consistenza materiale o sia utilizzato per fini diversi da quelli originari.
Per conseguenza, giacché la previsione di cui all’art. 1102, c.c. consente a ciascun proprietario di far un uso più intenso della cosa comune, la Corte ha accolto il ricorso in quanto le opere di cui si dibatteva non costituivano innovazione suscettibile di autorizzazione assembleare in quanto non veniva alterata la funzione del bene, né impedito il pari uso.
Il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene in rapporto alla sua estensione e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio mediante idonei materiali.
L’art. 1102, c.c., consente a ciascun proprietario di fare un uso più intenso della cosa comune a condizione che non sia alterata la funzione del bene e non impedito il pari uso: l’alterazione della funzione del bene deve essere effettiva e non può consistere in una semplice modificazione materiale; il pari uso non deve consistere nel medesimo uso che possa farne il singolo che si trovi in un rapporto particolare e diverso con la cosa, ma inteso come uso che possa essere effettivo, occorrendo individuare, in concreto, i sacrifici alle facoltà di godimento che tale modifica apporti, senza dar rilievo ad astratta possibilità di uso alternativo o un suo ipotetico depotenziamento.