Consumatori: la Corte di Giustizia UE sulle clausole abusive nel contratto di credito al consumo

Con la sentenza n. 714 del 21 marzo 2024, la Corte di Giustizie UE, IX Sezione, si è pronunciata in materia di clausole abusive concernenti i contratti di credito ai consumatori, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale operato dal Tribunale di Sofia, in Bulgaria, affermando che anche le clausole sui servizi accessorie di un contratto di credito al consumo possono rivestire carattere abusivo.

Il caso

Il 10 ottobre 2019 le parti in causa (un consumatore ed un istituto di credito) stipulavano un contratto di credito al consumo avente ad oggetto un prestito del valore di circa 2.500 €, per un periodo di 36 mesi, soggetto ad un tasso di interesso annuo del 41% ed un TAEG del 49,02%: l’importo da rimborsare, pertanto, era di circa 4.400 €.

Detto contratto prevedeva, tra l’altro, la possibilità per il consumatore di acquistare servizi accessori tra i quali assumevano rilievo, nel caso di specie, il servizio “Fast” ed il servizio “Flexi”.

Il primo attribuiva al cliente una priorità nell’esame della domanda di credito e nella messa a disposizione dei fondi; il secondo, la cui attivazione richiedeva la sottoscrizione di una clausola aggiuntiva, consentiva al cliente, a determinate condizioni, di modificare il piano di rimborso iniziale.

L’attivazione di detti servizi determinava l’importo totale da rimborsare nel valore di circa 6.257 €.

Il consumatore, successivamente, adiva il giudice nazionale per mezzo di un’azione di accertamento negativo diretta a far dichiarare l’inesistenza del debito relativamente agli interessi ed ai servizi accessori.

In particolare, il cliente sosteneva che la somma a titolo di interessi e per i servizi accessori fosse contraria al buon costume secondo la normativa nazionale poiché, da un lato, veniva richiesto un importo superiore alla metà di quello prestato, dall’altro, il prezzo dei servizi sarebbe dovuto essere ricompresso nel TAEG.

Secondo la ricostruzione del consumatore, dunque, l’istituto di credito aveva deliberatamente omesso di dichiarare tale prezzo nel TAEG al fine di eludere la normativa nazionale di riferimento, per mezzo della quale si stabilisce che il TAEG stesso non possa eccedere il quintuplo degli interessi moratori al tasso legale in BGN e in valuta estera.

Per contro, l’istituto di credito riferiva che il cliente avesse liberamente scelto di usufruire di quei servizi in piena consapevolezza in quanto adeguatamente informato mentre, per ciò che concerne gli interessi, richiamava le statuizioni contrattuali.

La Sentenza n. 714 del 21 marzo 2024

Il Giudice nazionale, in via pregiudiziale, adiva la Corte di Giustizia UE sospendendo il giudizio, al fine di porre, per ciò che rileva in questa sede, 5 quesiti:

  1. Le spese per i servizi accessori rappresentano una componente del TAEG?
  2. L’errata indicazione del TAEG può essere considerata alla stregua della mancata indicazione dello stesso e, dunque, è possibile applicare la normativa nazionale di riferimento in merito a tale eventualità?
  3. La sanzione della nullità per mezzo della quale deve essere rimborsata unicamente la sorte capitale e non anche le spese e gli interessi può essere considerata proporzionata nelle ipotesi di erronea indicazione del TAEG?
  4. Le spese un pacchetto di servizi accessori devono essere considerate parte dell’oggetto principale del contratto e, dunque, non sono oggetto della valutazione di abusività?
  5. La clausola Flexi è da considerarsi abusiva se il consumatore deve sostenere spese anche in caso di mancata attivazione della dilazione e/o riorganizzazione dei pagamenti?

La Corte di Giustizia UE, esaminava dunque le questioni ad essa sottoposte, analizzando congiuntamente la seconda e la terza questione pregiudiziale.

In particolare, in merito al primo quesito, il Giudice dell’UE, richiamando l’art. 3, lett. g), della direttiva 2008/48, ha precisato che ai fini di una tutela quanto maggiore possibile per il consumatore, il legislatore ha adottato un’ampia definizione della nozione “costo totale del credito del consumatore” soffermandosi altresì sull’obbligo, imposto a ciascuno Stato membro, di provvedere affinché le disposizioni adottate ai fini dell’attuazione della medesima direttiva fossero idonee a non essere eluse attraverso particolari formulazioni dei contratti.

Per ciò che concerne il secondo ed il terzo quesito, brevemente, la Corte di Giustizia UE, richiamando la disciplina di cui all’art. 23, Direttiva 2008/48, ha chiarito che il principio di proporzionalità nell’applicazione delle sanzioni debba necessariamente essere coordinato con l’effetto realmente dissuasivo ritenendo la decadenza del creditore dal proprio diritto di riscuotere interessi e spese, in aggiunta al recupero della sorte capitale, una sanzione di carattere dissuasivo e proporzionato in conseguenza della erronea indicazione del TAEG che non sia inclusivo della totalità dei costi in capo al consumatore.

In merito alla quarta questione pregiudiziale, la Corte ha riferito che le clausole che costituiscono oggetto principale del contratto sono quelle che fissano le prestazioni essenziali del medesimo e, nel caso, in esame, all’obbligo del creditore di mettere a disposizione una precisa somma di denaro corrisponde l’obbligo, da parte del debitore, di restituire la somma maggiorata di interessi, alle scadenze prefissate. Pertanto, le clausole sui servizi accessori non possono qualificarsi, almeno in linea di principio, come oggetto principale del contratto e, conseguentemente, sono soggette alla valutazione di abusività.

Da ultimo, la Corte di Giustizia UE ha preso posizione in merito al quinto quesito, stabilendo che la previsione di canoni aggiuntivi da corrispondere in ragione di un servizio accessorio, indipendentemente dall’attivazione o meno del servizio, può essere considerata abusiva se importa un significativo squilibrio contrattuale in capo al consumatore, rimettendo la valutazione concreta al Tribunale di Sofia.

Sulla scorta di tutto quanto precisato, la Corte di Giustizia UE statuiva come segue.

Le massime

1. “L’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la Direttiva 87/102 CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che:

i costi relativi a servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito, nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, rientrano nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore», ai sensi di tale disposizione, e, di conseguenza, in quella di «tasso annuo effettivo globale», ai sensi di tale articolo 3, lettera i), qualora l’acquisto di detti servizi risulti obbligatorio per ottenere il credito di cui trattasi o qualora gli stessi costituiscano una montatura destinata a dissimulare il costo effettivo di tale credito”.

2. “L’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), e l’articolo 23 della direttiva 2008/48, devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano a che, qualora un contratto di credito al consumo non menzioni un tasso annuo effettivo globale comprendente tutti i costi previsti all’articolo 3, lettera g), di tale direttiva, detto contratto sia considerato esente da interessi e da spese, di modo che il suo annullamento comporta soltanto la restituzione, da parte del consumatore interessato, del capitale prestato”.

3. “L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che:

clausole vertenti su servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, non rientrano, in linea di principio, nell’oggetto principale di tale contratto, ai sensi di detta disposizione, e non sfuggono quindi alla valutazione del loro carattere abusivo”.

4. “L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva n. 13/1993/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che:

clausole vertenti su servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, non rientrano, in linea di principio, nell’oggetto principale di tale contratto, ai sensi di detta disposizione, e non sfuggono quindi alla valutazione del loro carattere abusivo”.

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