L’eventuale insufficienza nella motivazione della sentenza dichiarativa di fallimento non costituisce motivo di nullità: è necessaria la carenza totale

Con l’Ordinanza n. 8941 del 5 aprile 2024 la Suprema Corte di Cassazione, I sezione Civile, si è pronunciata in ordine al vizio motivazionale della sentenza dichiarativa di fallimento, precisando che la nullità può essere determinata soltanto dalla totale mancanza di questa e non anche dalla mera insufficienza.

Il caso

Con ricorso presentato nel 2016 al Tribunale di Roma il creditore di una s.r.l. chiedeva di dichiarare il fallimento della società debitrice deducendo di essere creditrice della stessa.

Con separati ricorsi, poi riuniti, chiedevano dichiararsi fallimento altre società ed istituti di credito.

Nel 2017, la società debitrice chiedeva l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva e depositava il piano di natura liquidatoria e la successiva integrazione del medesimo.

All’esito dell’udienza ex art. 162 l. fall., il tribunale capitolino dichiarava inammissibile la proposta e, con separata sentenza, dichiarava il fallimento della società debitrice.

La società, pertanto, proponeva reclamo ex art. 18, l. fall.

Con sentenza n. 5160/2018, la Corte d’Appello di Roma rigettava il reclamo e condannava la reclamante al rimborso delle spese di lite in favore delle controparti resistenti.

In breve, la Corte territoriale respingeva l’eccezione concernente l’asserita assenza di motivazione evidenziato che la parte reclamante avesse addirittura confutato la medesima nel merito.

Altresì, la C.d.A. confermava quanto stabilito dal tribunale in ordine alla inammissibilità della proposta e sottolineava che lo stesso avesse operato una verifica riguardo profili di ordine giuridico e non economico, sottolineando che l’attendibilità della relazione dl professionista risultasse inficiata dalla incompletezza della documentazione nonché dalla inesatta rappresentazione dell’attivo e del passivo, sollevando dubbi circa il prefigurato soddisfacimento dei creditori.

Avverso tale pronuncia, la società debitrice proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

L’Ordinanza n. 8941 del 5 aprile 2024

Con l’unico motivo di ricorso, la società fallita deduceva la violazione degli artt. 111, Cost., 132, c.p.c., 16 l. fall., ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.

In particolare, il ricorrente deduceva l’errore della Corte nel ritenere che la sentenza dichiarativa di fallimento, priva degli elementi di cui all’art. 132, c.p.c., fosse stata adeguatamente motivata.

La Suprema Corte dichiarava il ricorso inammissibile.

Nello specifico, gli Ermellini hanno precisato che la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per vizio motivazionale può essere dichiarata solo in caso di totale carenza di quest’ultima e non anche sulla scorta della mera insufficienza.

Ancora, secondo il ragionamento sviluppato dalla Corte, l’eventuale difettosa motivazione della sentenza dichiarativa di fallimento – susseguente ad un giudizio sommario ed anticipato – ben può essere integrata e completata nel successivo giudizio di opposizione che sviluppa il contraddittorio con pienezza di cognizione. Ragion per cui, il vizio motivazionale rilevante e deducibile in Cassazione può essere solo quello riguardante la sentenza pronunciata in grado d’Appello dal giudice dell’opposizione.

Sulla scorta di detta motivazione, il Supremo Consesso dichiarava inammissibile il ricorso e condannava la società debitrice al pagamento delle spese processuali in favore dei resistenti.

Le massime

La nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per vizio di motivazione può essere determinata solo dalla totale carenza di motivazione e non dalla sua mera insufficienza; eventuali difetti possono essere integrati e completati nel successivo giudizio di opposizione, che permette un contraddittorio con pienezza di cognizione. Il vizio di motivazione rilevante in Cassazione può riguardare la sentenza pronunciata in grado d’appello dal giudice dell’opposizione”.

La conformità della sentenza al modello previsto dall’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ. non richiede l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o una disamina particolareggiata degli elementi di giudizio. È sufficiente che il convincimento del giudice risulti da un riferimento logico e coerente agli elementi ritenuti significativi per giustificare la decisione”.

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