CORPORATE GOVERNANCE: esclusa la delega di funzioni gestorie a soggetti non amministratori

All’amministratore di una società per azioni non è consentito delegare a un terzo poteri che, per vastità dell’oggetto, entità economica, assenza di precise prescrizioni preventive, di procedure di verifiche in costanza di mandato, facciano assumere al delegato la gestione dell’impresa e/o il potere di compiere le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, di esclusiva spettanza degli amministratori”.

Con sentenza n. 24068 del 03/08/2022, la II Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha escluso l’ammissibilità, nell’ordinamento societario, della delega di funzioni gestorie a soggetti non amministratori.

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La vicenda

A seguito del comunicato stampa di una S.p.A. che annunciava le dimissioni di un consigliere di amministrazione in ossequio alle cd. quote rosa, la CONSOB – Divisione Corporate Governance contestò al collegio sindacale la violazione dell’obbligo di vigilanza in relazione a talune condotte poste in essere dalla società stessa.

In particolare, l’organo amministrativo societario, sostanzialmente abdicando l’esclusivo potere di gestione di cui all’art. 2381 c.c., aveva adottato, in favore del consigliere dimissionario, una procura che gli consentiva di continuare a svolgere l’attività di amministratore delegato.

Applicate le sanzioni ritenute di giustizia, la Corte d’Appello aveva invece sostenuto la tesi dei sanzionati, affermando che la possibilità degli amministratori di attribuire poteri a terzi per lo svolgimento di attività gestionale non incontra limiti legali purché gli stessi mantengano poteri di controllo e revoca secondo la disciplina del mandato. Pertanto, trattandosi di scelte gestionali della cui adeguatezza è giudice esclusivo l’assemblea dei soci, le stesse appaiono insindacabili dalla CONSOB così come dal giudice, indipendentemente dalla rilevanza delle operazioni delegate (come nel caso di specie).

Ragioni della decisione

Di diverso avviso è stata la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto, invece, che il discrimine che rende non consentita la delega debba essere ricercato nel numero e, soprattutto, nella rilevanza delle operazioni delegate, fermo restando che gli amministratori non possono sottrarsi al dovere di vigilare sull’operato del delegato.

Sul presupposto che la gestione e la rappresentanza spettino in esclusiva al C.d.A. (artt. 2380 bis e 2384 c.c.) anche in forza della previsione di cui all’art. 2381, co. 2 – che riserva la delaga di funzioni a soggetti già facenti parte dell’organo amministrativo – la Corte, sebbene abbia ritenuto ammissibile la procura c.d. ad negotia, ha altresì affermato che la delega stessa, per ampiezza, rilievo economico e durata nel tempo, non può mai porre in essere un “succedaneo” del potere di amministrazione della società (che la legge attribuisce esclusivamente agli amministratori).

In tal senso, invero, la procura sarebbe “abdicativa”  in quanto il C.d.A. si spoglierebbe dei propri poteri delegando l’amministrazione ad un soggetto terzo, e ciò non è ammissibile in un ordinamento predefinito che non ammette deroghe, come quello voluto in forza della previsione di cui all’art. 2381 c.c..

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