Esecuzione forzata: il terzo proprietario

Il terzo che vanti un diritto reale sul bene immobile oggetto di esecuzione forzata, se ha partecipato al procedimento esecutivo, può proporre soltanto opposizione agli atti esecutivi mentre, se non vi ha partecipato, durante il giudizio di esecuzione può proporre opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. e dopo la vendita e l’aggiudicazione può rivendicare il bene nei confronti dell’aggiudicatario”.

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Con la sentenza n. 4005 del 08.02.2022, la Cassazione, Civ., Sez. II, ha dichiarato infondato il ricorso avverso la decisione assunta dalla Corte d’Appello di Genova la quale, secondo parte ricorrente, avrebbe escluso erroneamente che il proprietario del bene, che abbia partecipato alla procedura esecutiva immobiliare quale creditore del debitore esecutato, possa promuovere un autonomo giudizio di rivendica nei confronti dell’aggiudicatario del bene, in virtù della natura e delle finalità diverse che caratterizzano le due azioni.

La Suprema Corte ha confermato il precedente orientamento espresso secondo cui solo il terzo che non ha partecipato al procedimento esecutivo e che vanti un diritto reale sul bene immobile oggetto di esecuzione forzata può proporre sia l’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. durante il giudizio di esecuzione, e, dopo la vendita e l’aggiudicazione, rivendicare il bene nei confronti dell’aggiudicatario.

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Secondo il ragionamento della Corte l’opposizione di terzo di cui all’art. 619 c.p.c. è normalmente volta a sottrarre agli sviluppi dell’esecuzione – prima fra tutti la vendita – il bene oggetto della procedura esecutiva, mediante un accertamento (tendenzialmente incidentale e non idoneo al giudicato) della sussistenza del diritto reale sul bene stesso, vantato dall’opponente, terzo estraneo alla procedura esecutiva. Ne consegue che, solo nelle ipotesi in cui il terzo sia rimasto estraneo alla procedura esecutiva, può agire con un’azione di accertamento della proprietà e, se proposta tempestivamente rispetto alla vendita o all’assegnazione dei beni, potrà, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., conseguire gli effetti di sospendere la vendita e, successivamente e per il caso di accoglimento, di sottrarre definitivamente il bene alla procedura esecutiva. 

Laddove, invece, il terzo – che chiede affermarsi la proprietà sul bene – non avesse partecipato alla procedura, nessuna norma impedirebbe allo stesso di agire a tutela del suo diritto reale; del resto, l’azione di rivendicazione ha carattere di accertamento e recuperatorio in quanto volta ad ottenere la restituzione di un bene di cui il terzo abbia la proprietà o il possesso, sicché ben può essere, nell’ambito del procedimento esecutivo, per impedire che il bene venga trasferito all’aggiudicatario.

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