Il trasferimento della licenza non produce la cessione del ramo d’azienda

Con ordinanza n. 4150 del 14 febbraio 2024, depositata il 15 febbraio 2024, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. III Civile, si è pronunciata in materia di trasferimento della sola licenza, evidenziando che dalla stessa non può prodursi, quale effetto, anche la cessione del ramo d’azienda.

Il caso

La curatela del fallimento di una società cooperativa citava in giudizio innanzi al Tribunale di Piacenza un’altra società allo scopo di far accertare la nullità di un contratto di cessione di ramo d’azienda intercorso tra quest’ultima e la società dichiarata fallita, deducendo che dal medesimo contratto si evinceva il mancato trasferimento di beni mobili o immobili idonei all’esercizio dell’attività di impresa trasferita e che le parti avevano inteso qualificare l’accordo come cessione di ramo d’azienda al solo fine di consentire al cessionario di acquisire il diritto all’esercizio dell’attività di autotrasportatore per conto terzi, previsto dall’art. 2, co. 227, L. 244/2007.

Nella contumacia di parte convenuta, il giudice di prime cure accoglieva la domanda di parte attrice rilevando che l’autorizzazione amministrativa, da sola, non era idonea all’esercizio dell’attività di impresa.

La cessionaria, dunque, impugnava la sentenza innanzi alla Corte d’Appello di Bologna, la quale accoglieva il ricorso e compensava le spese di giudizio tra le parti.

In particolare, la Corte di merito aveva stabilito che il contratto non poteva essere dichiarato nullo per difetto di causa in quanto rispettoso della normativa di settore poiché, non solo le parti avevano inteso conseguire lo scopo di consentire all’acquirente, a fronte del pagamento del prezzo, l’accesso al mercato dell’autotrasporto mediante trasferimento della licenza, ma avevano altresì utilizzato la prescritta forma di legge della scrittura privata autenticata.

Da ultimo, la società cedente aveva provveduto alla cancellazione dall’albo delle imprese esercenti l’attività di autotrasporto.

Riassumendo, la Corte d’Appello aveva ritenuto irrilevante che l’atto di cessione non prevedesse il passaggio di debiti e/o crediti, di contratti di lavoro o di altro genere, ancor di più in ragione dell’intervenuta cancellazione dall’albo da parte della società cedente.

Avverso detta pronuncia, la curatela proponeva ricorso per Cassazione.

L’ordinanza n. 4150 del 15 febbraio 2024

In particolare con il secondo motivo di ricorso, ritenuto poi assorbente, il ricorrente denunciava la violazione o falsa applicazione del comma 227 dell’art. 2 della l. 244 del 2007, nonché degli artt. 1343, 1344 e 1345, c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., sostenendo, tra l’altro, che non si fosse mai verificata alcuna cessione di ramo d’azienda, intesa quale organizzazione di beni e mezzi ex art. 2055, c.c., e non quale mera vendita della licenza.

Nello specifico, la curatela sosteneva la nullità del contratto per difetto di causa tipica in assenza del trasferimento di beni idonei all’esercizio dell’attività di impresa regolata dalla normativa di settore.

La Suprema Corte accoglieva il secondo motivo di ricorso e dichiarava gli atri assorbiti dal medesimo.

Gli Ermellini, prendevano le mosse dal dato normativo dell’art. 2, co. 277, L. 244/2007, secondo cui:

le imprese che intendono esercitare la professione di autotrasportatore di cose per conto terzi, in possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e professionale ed iscritte all’albo degli autotrasportatori, sono tenute a dimostrare di avere acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasportatori, o l’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a euro 3, di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto, oppure di avere acquisito ed immatricolato, singolarmente o in forma associata, veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore ad euro 3 e aventi massa complessiva totale non inferiore a 80 tonnellate, in regola con la circolazione”.

La Corte dapprima chiariva che detti requisiti sono tra loro alternativi e che, in caso di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, resta inteso che l’impresa cedente debba procedere alla cancellazione dallo specifico albo.

Sulla scorta di questi presupposti, il Supremo Consesso precisava che lo specifico contratto, indipendentemente dal nomen iuris, non configurava cessione d’azienda (o di ramo d’azienda), in quanto lo stesso giudice d’appello aveva acclarato che per mezzo dello stesso le parti non avevano trasferito il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, come esige l’art. 2055, c.c. quanto, piuttosto, avessero inteso consentire all’acquirente l’accesso al mercato dell’autotrasporto mediante il trasferimento della – sola – licenza della cedente, la quale si era impegnata a non riprendere l’attività di autotrasportatore per cinque anni.

La Corte d’Appello aveva dunque ritenuto irrilevante il mancato trasferimento di debiti e/o crediti, dei contratti di lavoro ovvero degli autoveicoli ed era giunta ugualmente ad affermare che il trasferimento della sola licenza fosse di per sé sufficiente e idoneo ad integrare la cessione d’azienda.

Tale ultimo assunto non è stato condiviso dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha precisato che non può esservi trasferimento di azienda per effetto del solo trasferimento della licenza.

Nello specifico, i Giudici del Palazzaccio hanno chiarito che la licenza presenta carattere personale poiché implica una valutazione dell’Autorità Amministrativa in ordine all’esistenza dei requisiti soggettivi richiesti ai fini dell’esercizio della specifica attività di impresa, pertanto, non essendo la licenza suscettibile di atti di disposizione negoziali privati, la stessa è intrinsecamente inadatta ad essere ricompressa tra gli elementi materiali o immateriali il cui insieme costituisce l’azienda.

Per conseguenza, dall’accordo che assuma ad oggetto, esclusivamente, il trasferimento della licenza, non può mai derivare quale effetto la cessione d’azienda.

Sulla scorta di detta motivazioni, La Cassazione accoglieva il secondo motivo di ricorso, dichiarava gli atri motivi assorbiti e cassava con rinvio la sentenza alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.

La massima

Ai fini dell’accesso al mercato dell’autotrasporto di cose per conto terzi, l’art. 2, comma 227, della l. n. 244 del 2007, richiede il subentro, tramite cessione di azienda o di ramo aziendale, nell’attività di impresa del cedente, in tal modo presupponendo il trasferimento, in favore del cessionario, di beni, mobili o immobili, che compongono, nel loro complesso, l’azienda o un ramo di essa, non essendo, invece, sufficiente, il mero trasferimento della licenza, posto che questa, non essendo un bene suscettibile di atti di disposizione negoziali provati, atteso il suo carattere personale, non può essere ricompressa tra gli elementi materiali o immateriali il cui insieme costituisce l’azienda

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