Legittima la disciplina per la liquidazione controllata del sovraindebitato sui tempi di acquisizione dei beni sopravvenuti all’apertura della procedura

Con la sentenza n. 6 del 19 gennaio 2024 la Corte Costituzionale ha chiarito che la disciplina per la liquidazione controllata del sovraindebitato sui tempi di acquisizione dei beni sopravvenuti all’apertura della procedura concorsuale è legittima e, dunque, la previsione di cui all’art. 142, co. 2. d. lgs. 12 gennaio, 2019 , n. 14, è conforme ai dettami di cui agli articoli 3 e 24 della Carta Costituzionale.  

 

Indice

 

Il caso  

Con una pluralità di ordinanze di rimessione del 2023, il Tribunale di Arezzo sollevava dinanzi alla Corte Costituzionale una questione di legittimità del disposto di cui all’art. 142, comma 2, CCII in relazione agli articolo 3 e 24 della Costituzione per come applicabile nell’ambito della liquidazione controllata del sovraindebitato, nella parte in cui non prevede un limite temporale all’acquisizione di beni sopravvenuti all’apertura della procedura concorsuale.

La disposizione di cui sopra, concernente la liquidazione giudiziale, prevede che siano ricompresi tra i beni apprendibili i beni che pervengono al debitore durante la procedura, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.

Secondo il Giudici remittenti non poteva essere rimessa all’arbitrio dell’organo liquidatorio la determinazione di un limite minimo di apprensione dei redditi del debitore sovraindebitato in esecuzione di un piano di liquidazione – cosa invece verificatasi in ben quattro diversi procedimenti – in considerazione del fatto che la normativa precedente prevedeva che fossero ascquisibili beni sopravvenuti nel corso di quattro anni successivi alla data di deposito della domanda di liquidazione.

Sulla scorta di dette considerazioni, i Giudici remittenti ritenevano superabile il vizio normativo per mezzo di un intervento additivo della Corte Costituzionale che fosse estensivo della disciplina di cui all’art. 14 undecies, L. n. 3/2012 nelle ipotesi in cui l’art. 142, comma 2, CCII vada applicato alla liquidazione controllata a vocazione meramente reddituale.

Ritenuto, dunque, che la disposizione da ultimo richiamata non consenta di individuare una durata minima riferita all’apprensione dei beni sopravvenuti, ma solo un limite temporale massimo, identificato nel tempo strettamente necessario alla copertura delle spese della procedura, veniva prospettato il contrasto con il disposto di cui agli articoli 3 e 24 della Costituzione poiché, da un alto, consentirebbe al debitore di sottrarsi all’esecuzione presso i terzi con compressione dei diritti dei creditori, dall’altro provocherebbe un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla disciplina di cui godono i creditori di procedure liquidatorie assoggettate alla previgente disciplina sulla liquidazione controllata del sovra indebitato.  

 

La sentenza n. 6 del 19 gennaio 2024

La Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità.

In particolare, la stessa prendeva le mosse dalla previsione di cui all’art. 268, comma 2, CCII, il quale legittima la possibilità di ascrivere alla procedura della liquidazione controllata anche i beni sopravvenuti laddove eccedenti rispetto a quanto occorre al mantenimento del debitore sovraindebitato e della sua famiglia. Detti beni, in particolare, si sostanziano in quelli relativi a prestazioni periodiche, corrispondenti a crediti esigibili nel tempo quali stipendi, salari, compensi.

Secondo il ragionamento della Corte, è altresì possibile colmare l’asserita lacuna concernente la mancata previsione di un termine di acquisizione dei beni, che pervengono al debitore nel corso della procedura, facendo ricorso al termine indicato per l’esdebitazione che comporta una responsabilità patrimoniale contenuta nel tempo e, pertanto, limita l’apprensione dei beni sopravvenuti del debitore.

Pertanto, ricorrendo i presupposti di legge per il ricorso all’istituto in discussione, se, dunque, l’esdebitazione pone un limite temporale massimo alla apprensione dei beni sopravvenuti del debitore, poiché incide sulle stesse ragioni creditorie, d’altro canto, in presenza di crediti concorsuali non ancora soddisfatti prima del triennio, essa finisce per operare anche quale termine minimo.

Per la Corte, quindi, è in potere del liquidatore articolare un piano che miri a soddisfare le ragioni creditorie con beni dei debitori sopravvenienti entro il triennio dalla data di deposito della domanda di liquidazione sì da contemperare le ragioni di entrambe le parti della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.

Quanto alla questione della contestata disparità di trattamento tra la disciplina vigente e quella previgente, la Corte ha ritenuto infondato il rilievo statuendo che rientri nella discrezionalità del legislatore la sostituzione di un termine fisso con un termine che si plasma sulle concrete esigenze che emergono, nella singola procedura, a tutela dei creditori.

Invero, l’arco temporale di apprensione dei beni sopravvenuti varia in base all’ammontare dei beni complessivamente disponibili, alla consistenza dei crediti concorsuali, alle spese di procedura, fatto salvo il limite temporale desumibile dall’istituto dell’esdebitazione e fermo restando il rispetto della ragionevole durata della procedura.

 

La massima

Fintantoché vi sono debiti da adempiere nell’ambito della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitamento, il termine triennale correlato all’esdebitazione può operare non solo quale termine massimo, ma anche quale termine minimo di apprensione dei beni sopravvenuti del debitore in pendenza della procedura liquidatoria.  

 

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