Contratto di conto corrente: interessi anatocistici e onere probatorio del correntista

Con ordinanza n. 35605 del 20 dicembre 2023 la Suprema Corte di Cassazione, Sez. I Civile, si è pronunciata in materia di interessi anatocistici relativi al contratto di conto corrente, con particolare focus sull’onere probatorio in capo al correntista.  

 

Indice

 

Il caso  

Una società correntista di un noto istituto di credito, conveniva quest’ultimo in giudizio al fine di richiedere ed ottenere la restituzione delle somme illegittimamente addebitate alla stessa previa declaratoria della nullità parziale dei singoli contratti di apertura di credito e di conto corrente intercorsi tra le parti, i quali prevedevano l’applicazione di interessi non definiti nel tasso debitore, la capitalizzazione trimestrale degli interessi stessi e l’addebito di commissioni di massimo scoperto, anch’esse indeterminate nel loro ammontare.

Il Tribunale di Gorizia, in primo grado, accoglieva la domanda attorea e condannava l’istituto di credito alla restituzione di una somma superiore 100 mila Euro.

In sede di gravame, la Corte d’Appello di Trieste riformava la sentenza di primo grado e rigettava le domande proposte dalla società correntista. La Corte di merito rilevava, in sintesi, che l’originaria parte attrice non avesse prodotto i documenti contrattuali da cui si sarebbero dovuti trarre i necessari riscontri quanto all’esistenza e al contenuto delle contestate pattuizioni. In tal senso, ad avviso del Giudice distrettuale, la società in questione aveva mancato di adempiere all’onere probatorio che le competeva, rivestendo essa la qualità di attrice nel giudizio diretto all’ottenimento della ripetizione dell’indebito.

 

L’ordinanza n. 35605 del 20 dicembre 2023

La sentenza della Corte d’Appello di Trieste veniva impugnata dalla società correntista con ricorso per Cassazione, affidato a ben sei motivi.

La Suprema Corte dichiarava inammissibile il terzo motivo di ricorso, rigettava il secondo, il quarto, il quinto ed il sesto, ed accoglieva parzialmente il primo.

In particolare, quest’ultimo, denunciava la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2033, 2697, 2726, 2729, c.c. 61 e 115 c.p.c., in quanto la Corte di Appello aveva – a parere della ricorrente – erroneamente ritenuto che nell’azione di ripetizione di indebito la prova della causa debendi potesse essere data esclusivamente con la produzione, laddove, al contrario, essa può essere fornita con ogni mezzo.

La Corte riteneva il motivo parzialmente fondato.

Dopo avere rilevato che il rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito aveva avuto inizio il 24 ottobre del 1997, gli Ermellini hanno affermato che <il problema della prova del contratto di conto corrente non si pone in relazione alla pratica dell’anatocismo, con riguardo al periodo anteriore a quello in cui è stata vigente la delibera CICR del 9 febbraio 2000 “e ciò in quanto, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 2000, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione della Cost., art. 76, il D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 25, comma 3, il quale aveva fatto salva la validità e l’efficacia, fino all’entrata in vigore della delibera CICR di cui al comma 2 del medesimo art. 25, delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole sono disciplinate – secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo – dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi, sono da considerare sempre nulle in quanto stipulate in violazione dell’art. 1283, c.c., perché basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo (Cass. SS. UU. 4 novembre 2004, n. 21095). Ove – come nel caso in esame – non vengano quindi in questione le ipotesi specificamente contemplate dall’art. 1283 c.c. (interessi maturati dal giorno della domanda giudiziale e convenzione posteriore alla scadenza, sempre che si tratti di interessi maturati per almeno sei mesi), la capitalizzazione degli interessi passivi deve essere sempre eliminata, quale che sia il preciso contenuto delle relative disposizioni pattizie, giacché il contratto non avrebbe potuto validamente contemplarla>.

In definitiva, La Suprema Corte di Cassazione, limitatamente a quanto sopra detto, accoglieva il primo motivo di ricorso, ritenendolo parzialmente fondato.

 

La massima

In tema di contratti bancari, ove non vengano in questione le ipotesi di capitalizzazione specificamente contemplate dall’art. 1283 c.c. (interessi maturati dal giorno della domanda giudiziale e convenzione posteriore alla scadenza, sempre che si tratti di interessi maturati per almeno sei mesi), il correntista attore in ripetizione dell’indebito che si dolga del comprovato addebito di interessi anatocistici non è tenuto a dare dimostrazione delle condizioni pattuite con la banca con riguardo al periodo anteriore a quello di vigenza della delib. CICR 9 febbraio 2000; infatti, nel periodo indicato, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 2000, siffatte clausole sono disciplinate dalla normativa precedentemente in vigore, che non consente alcuna capitalizzazione (salvo che nei casi sopra richiamati) posto che le pattuizioni anatocistiche basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo, sono da considerare nulle per violazione del cit. art. 1283 c.c..

 

Scarica la sentenza